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L’ultimo gonfalone di San Marco

L’ultimo gonfalone di San Marco si trova a Perasto, gelosamente custodito dentro ad una cassa sepolta sotto l’altare maggiore della Chiesa di San Nicolò, in un anfratto talmente segreto che ancora oggi risulta introvabile..Davvero singolare la storia di questa cittadina posta presso le Bocche di Cattaro (oggi Montenegro) ultima ad arrendersi ai Francesi e ultima ad ammainare la bandiera veneta dopo l’infausto trattato napoleonico di Campoformio.

Era entrata a far parte della Repubblica Veneta quattro secoli prima e da allora mai era venuta meno alla fedeltà assoluta alla Serenissima, tanto da essere nominata dal Senato Veneto “Gonfaloniera dell’armata”, e Perastini erano pure i dodici gonfalonieri che costituivano la guardia personale del doge con il compito di difendere il vessillo del leone sulla nave ammiraglia, anche a costo della vita, come avvenne per otto di loro nella battaglia di Lepanto. Durante tutto il periodo veneziano la città, oggi ridotta a piccolo villaggio di 300 anime, conobbe un incredibile sviluppo economico, politico e militare, giungendo ad avere ben quattro cantieri navali, una flotta di circa cento navi, nove torri difensive, la fortezza di Santa Croce, sedici palazzi barocchi e diciannove chiese.

E si sentiva talmente custode della venezianità che, quando il 12 maggio 1797 Ludovico Manin, ultimo Doge, depose le insegne di San Marco, essa decise di resistere proclamandosi repubblica indipendente, una piccola San Marino del basso Adriatico, fiera e indomita. E il suo capitano, conte Giuseppe Viscovich, il 23 agosto del 1797 nell’ammainare la bandiera di San Marco pronunciò commosso la celebre orazione «Ti con nu, nu con ti», diventata poi il motto di D’Annunzio nel rivendicare la Dalmazia, alla fine della prima guerra mondiale.

La bandiera veneta ha varie versioni, quella più diffusa è quella con il Leone di San Marco che regge un libro aperto, recante la scritta in lingua latina Pax tibi Marce Evangelista Meus“.. Meno diffusa quella dove il leone impugna la spada, presente solo sulle navi della marina militare in tempo di guerra, mentre con il libro chiuso poteva indicare uno stato di conflitto fra la Repubblica ed il luogo dove veniva issata. Un ammonimento, insomma, a non destare le ire del leone, anche se non tutti gli studiosi sono d’accordo su queste rappresentazioni.

I colori più usati sono sempre stati il leone dorato su sfondo rosso, con sei frange all’estremità che, oltre a rappresentare i sestieri, .in caso di vento ne proteggevano il corpo centrale.

E perché proprio il leone? Perché ad ognuno dei quattro evangelisti era stato attribuito dalla tradizione un simbolo: Luca il bue, Giovanni l’aquila, Matteo un uomo e Marco il leone. Infatti, sempre secondo la tradizione, fu proprio un angelo in forma di leone alato che sarebbe apparso a Marco, naufrago nelle lagune di Aquileia, a pronunciare la celebre frase: «Pax tibi Marce, evangelista meus. Hic requiescet corpus tuum». “Qui riposerà il tuo corpo”, come di fatto avvenne otto secoli dopo, trafugato fortunosamente da Alessandria d’Egitto, dove era stato il primo vescovo della città, per essere portato a Venezia.


Perasto alle Bocche di Cattaro

Felicissimi sempre se semo reputà:Ti con nu, nu con Ti; e sempre con Ti sul mar nu semo stai illustri e vittoriosi

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