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NOMEN… OMEN

Un nome…un destino, un presagio.
Così almeno la pensavano nell’antica Roma quando la parola (il verbum) assumeva agli occhi di tutti un grande significato simbolico e di valore. Oggi questo detto è ancora citato qua e là ma solo per scherzo, per delle coincidenze nei cognomi che ci fanno sorridere. Prendete ad es. il capo della Polizia in Italia che si chiama Manganelli, il vescovo monsignor Crociata o il frate Cantalamessa, pare davvero che il loro destino fosse segnato. Per non parlare del critico d’arte Vittorio Sgarbi che nei dibattiti televisivi garbato proprio non è.
Nomen omen dunque?
Non è così, l’unica cosa certa è che l’origine dei cognomi risale al Medio Evo ed è tratta soprattutto dal mondo del lavoro dei padri. E così dal mondo della terra abbiamo: Campisi (in Sicilia), Fattori (in Toscana), Magnaterra (nelle Marche), Magnabosco (nell’Asiaghese), Massari e Gastaldi (in Veneto); dall’artigianato: Fabbri, Sarti, Vasari; dalle professioni: Medici, Nodari, Maestri; dal mondo ecclesiastico: Preti, Vescovi, Cardinale, Clerici, Abate; dal territorio: Monti, Collina, Laghi, e chi più ne ha più ne metta, ognuno può divertirsi a piacere a cercarne a bizzeffe.
Rimane il fatto che, se un veterinario si chiama dott. Gallina, dott. Gatti o dott. Lupi, un falegname signor Chiodi o signor Porta e una Ditta termo idraulica sia intestata ai fratelli Bollente, allora pare proprio che se la siano andata a cercare. E sapete come si chiama l’attuale direttore tecnico della scuderia Ferrari? Ma ingegner Maurizio Arrivabene, naturalmente!
In Inghilterra e nei paesi nordici in generale, invece, se la cavano con poco ripetendo all’infinito figlio di…: Peterson (figlio di Pietro); Johanson (figlio di Giovanni), Gustavson (figlio di Gustavo) e morta lì. Fate caso ai cognomi dei giocatori quando guardate le partite di calcio in TV e ne avrete conferma. Anche da noi il popolare cognome Barison, tratto dal germanico, pare significhi appunto figlio di Baro, cioè di “uomo libero”.
In Italia, “il figlio di” è tradotto in due modi: o semplicemente apponendo davanti al nome la preposizione semplice di: Di Pasquale, Di Matteo, De Giorgi; o, soprattutto in Toscana, facendo terminare il nome paterno con la desinenza in -i (il genitivo latino della seconda declinazione, ad es. lupus-lupi), Perciò avremo Berti (figlio di Berto), Carli (figlio di Carlo), Agostini (figlio di Agostino), Lazzari, Renzi e via discorrendo.
E noi Veneti, che spesso terminiamo con la consonante “n”? E’ proprio perché quella “i” finale, di cui parlavo prima, si è persa per strada e perciò abbiamo i Visentin (di Vicenza), i Trevisan (di Treviso), i Padoan-Pavan (di Padova), i Trentin (di Trento), i Perin (di Piero), i Lorenzon, i Berton, i Martin.

Anche se, in taluni casi, è rimasta: ad es. Zampieri (figlio di Giampietro), Zanetti (figlio di Gianetto -Giovannetto), Zanini (figlio di Zuanin-Giovannin) ecc, ecc,
Insomma, avete capito: tutto un mondo variegato e pieno di sorprese quello dei cognomi, che vale la pena ogni tanto riscoprire.