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Il collocatore che temeva la jella

Nei primi anni dopo l’unità d’Italia la burocrazia fu tutta piemontese, nelle nuove provincie meridionali ed anche in Veneto. Dalla prima guerra mondiale in poi la burocrazia divenne prevalentemente meridionale. La borghesia veneta e lombarda si dedicò alle industrie nascenti, ai commerci e lasciò il campo libero e sgombro alle elite meridionali nell’occupare i posti chiave dello Stato e degli Uffici Pubblici in genere. Questo lo disse già Gramsci. E quindi Prefetti, Questori, impiegati statali, ufficiali delle varie armi e specialità, notai, medici, avvocati, direttori didattici, finanzieri ecc. erano in gran parte di estrazione meridionale. Ciò irrobustì il nuovo stato unitario rimescolando la popolazione ma creò anche tanti equivoci. Uno di questi e nemmeno il più importante fu il timore della jella, della sfiga che dir si voglia.

Nel vecchio municipio di Ponte San Nicolò uscito malconcio dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, che avevano danneggiato il vicino ponte di ferro, dagli incendi degli archivi ecc. c’era un piccolo e malconcio ufficio, che ospitava una succursale dell’Ufficio di Collocamento. Era un ufficio polveroso, piccolo, pieno di carte e con il pavimento in legno e dietro la porta aveva un ferro di cavallo con le punte rivolte all’insù. Una scrivania piena di cartacce malmesse, una macchina da scrivere in disfacimento. Mi recai poche volte in questo strano ufficio ove operava a turno un impiegato non dipendente dal Comune, ma mi sembra dal Ministero del Lavoro e della massima occupazione perchè allora per lavorare bisognava avere il libretto di lavoro e solo questo ufficio rilasciava tale libretto. In realtà l’Ufficio doveva servire anche come strumento per collegare i disoccupati con i datori di lavoro. Ma come oggi ben pochi trovavano il lavoro solo tramite l’Ufficio di Collocamento. Chi poi perdeva il lavoro doveva periodicamente recarsi a questo ufficio per timbrare il cartellino rosa per dimostrare che era veramente disoccupato altrimenti perdeva il sussidio di disoccupazione.

Per un breve periodo c’era un impiegato di origini napoletane che fumava come una ciminiera e quindi il suo ufficio puzzava sempre di fumo ed era, da buon napoletano, molto superstizioso come pure scansafatiche, perchè teneva a uallera, ma in questo ufficio ci si andava anche volentieri perchè serviva per andare “a faticà”.

“Porto buono guagliò” diceva l’impiegato quando era riuscito finalmente a trovare un posto di lavoro ad uno che ne aveva bisogno. Ma nei rari casi in cui mi sono recato in questo ufficio ho visto che il collocatore temeva molto ma molto la jella.

Per sistemare un po’ questo ufficio scalcagnato il Sindaco del tempo propose di trasferire per alcuni mesi l’ufficio al piano terra di una casa di proprietà di una signora vedova e così poter fare dei lavori di edilizia nell’ufficio in tutta tranquillità.

Il collocatore napoletano era alquanto disinteressato al problema salvo il giorno in cui il Sindaco gli presentò la proprietaria della casa ove sarebbe stato temporaneamente collocato il suo Ufficio durante i lavori. La Signora era alquanto dimessa, pallida, vestita di nero, con i capelli grigi ed anche un po’ trasandata tanto che non si riusciva a capirne l’età .

Il Sindaco entrò in questo ufficio di collocamento salutò il collocatore mezzo nascosto dalle carte poste sopra la scrivania con queste parole: ” Buon giorno ! Le presento la Signora proprietaria della casa ove sarà collocato il suo Ufficio per un breve periodo… speriamo! E’ una cara signora di poche parole, ma molto generosa tanto che quando ha saputo che avevamo la necessità di spostare l’ufficio si è subito dichiarata disponibile”. “Buon Giorno signora!” – disse lui alzandosi in piedi. Riprese il Sindaco – “Abbiamo anche subito raggiunto con la Signora l’accordo economico in quanto la casa è un ricordo del suo secondo marito e mi ha detto che mai suo marito le avrebbe consigliato di prestare senza un prezzo una sua abitazione. Vero Signora?” La signora annuì facendo di sì con la testa e dicendo: “Certo!”. A queste parole però il collocatore si sedette di scatto, abbassò gli occhi non proseguì più con la conversazione e divenne piccolo piccolo e con una mano, pensando di non essere visto, si toccava la sedia tra le gambe e con l’altra faceva le corna dietro lo schienale .

Il Sindaco vide l’imbarazzo, ma non ne capì il motivo e congedò subito ed in bello modo la Signora augurandole ogni bene e dicendole che si sarebbero rivisti quanto prima perchè voleva che il trasloco e questi benedetti lavori fossero immediatamente avviati. Il Sindaco accompagnò quindi sulla porta la vedova e costei se ne andò in silenzio dicendo solo: “Arrivederci”

Il Sindaco ritornò sui suoi passi, rientrò nell’ufficio e vedendo il collocatore ancora seduto sulla sua sedia gli disse: ” Si sente bene? ” Costui rispose – “Ma! Ho avuto uno strano imbarazzo. Lei mi ha detto che la proprietaria è rimasta vedova per la seconda volta?” “Certo la signora è rimasta vedova per la seconda volta, perchè il suo secondo marito, dopo circa un anno dal matrimonio è morto improvvisamente e lei due anni dopo si è risposata per la terza volta. Non hanno figli e questo lo so perché l’ultimo matrimonio civile l’ho celebrato io appunto un paio di anni fa”. – gli disse il Sindaco molto pacatamente.

Sentito questo il collocatore si alzò dalla sedia e disse tutto pallido in volto: “Stavo quasi per stringere le mani alla… vecchia. Per fortuna ho avuto un presentimento”. “Ma quale presentimento ha avuto?” gli fece il Sindaco. “Ma come? solo lei non capisce che una che si sposa tre volte porta jella?” – disse l’impiegato. “No veramente io pensavo solo che si trattasse di una signora gentile anche molto socievole tanto che si è sposata tre volte” gli rispose meravigliato il Sindaco.

Ma il collocatore rimase della sua idea, la signora portava jella e malocchio ne era ormai sicurissimo .

Pertanto evitò accuratamente ogni contatto con questa signora ed anche di incrociare ogni sguardo con la nuova proprietaria di casa perchè la jella si trasmetteva diceva lui. Applicò due belle trecce di aglio alle porte del suo ufficio ed anche alcuni cornetti rossi che gli erano stati regali da altri suoi amici napoletani. Staccò il ferro di cavallo dalla porta dell’ufficio e lo applicò all’interno del nuovo provvisorio ufficio. Fece tutto quello che la procedura richiede per immunizzarsi dalla jella .

Fortunatamente tutto andò per il meglio e dopo tre mesi circa il collocatore ritornò nel suo bell’ufficio rimesso a nuovo con le pareti tinteggiate , rifatti gli infissi, gli impianti, il riscaldamento e l’ufficio del collocamento ritornò perfettamente al proprio posto.

Però la notizia della jella si era purtroppo sparsa per tutti gli uffici e nelle rare volte che la vedova si recava al Municipio alcuni perfidi compagni di lavoro dicevano alla signora di uscire e recarsi a salutare il collocatore che le era molto ma molto riconoscente perchè lo aveva ospitato e si era trovato benissimo nella sua casa durante i tre mesi nei quali avevano trasferito l’Ufficio. E la Signora diligentemente usciva ed andava nell’ufficio, bussava alla porta ed entrava a salutare. Lui era spesso sovrappensiero ma quando all’improvviso se ne rendeva conto, restava di sasso. Non riusciva più a parlare, a rispondere al saluto tanto tanto gentile e pacato che la Signora pensava stesse decisamente poco bene. Ululava , abbassava lo sguardo e pronunciava delle strane parole in napoletano stretto ove non si capiva nulla.

Signora grazie del pensiero ma adesso vaje, vaje pure perchè ho una telefonata con il Prefetto che non può attendere diceva sommessamente. E la Signora se ne andava mogia mogia non avendo ricevuto nessuno di quei ringraziamenti che le avevano preannunciato.

Non appena la Signora si allontanò il nostro impiegato salì al piano superiore urlando ed imprecando come un forsennato: “Ma chi mi vuole morto?”. “Ma chi mi ha mandato la jella?. Come ve lo debbo dire che la Signora non la voglio vedere perchè porta sfiga? Non vedete che gli uomini li stende definitivamente. Volete che faccia quella fine lì?”

I vari impiegati complici dello scherzo invece ridevano e gli dicevano che la jella da noi non esiste. Tranquillizzati!!! gli dicevano e più gli dicevano tranquillizzati più lui si agitava.

Beh! Dopo trent’anni come è andata?

Il Sindaco non è più Sindaco, l’Ufficio non c’è più, la signora è rimasta vedova per la terza volta ma è ancora tra noi e l’impiegato superstizioso durante una vacanza al mare si è sentito male hanno chiamato l’ambulanza ma l’ambulanza ci ha messo un po’ ad arrivare perché aveva sbagliato strada e l’impiegato nel frattempo è morto durante il trasporto in ospedale. Ma la jella non c’entra per niente, forse saranno state le quaranta sigarette al giorno che fumava abitualmente che gli hanno portato la sfortuna.