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GRATTA, MONA!

Ho conosciuto un nostro paesano di cui nessuno si ricorda il nome tanto era insignificante. El ga fato soeo che debiti in tea so vita ! – disse lapidaria mia mamma che lo considerava semplicemente «un mona». Ma comunque mi incuriosì sapere come uno che proveniva da una famiglia benestante, aveva anche studiato all’epoca tanto da diventare impiegato statale, non aveva fatto commercio, non aveva avviato industrie che poi fossero fallite, aveva anche delle proprietà ma se le era «magnae» aveva uno stipendio sicuro ma evidentemente «nol ghe bastava».

Lo incontrai fuori da un tabacchino alquanto felice e sereno ed allora mi feci raccontare la sua storia. Mi disse che lui non aveva mai avuto problemi economici, ma tutti i problemi gli erano arrivati di colpo e si era rovinato con il gioco d’azzardo.

Gli piaceva fare la schedina del totocalcio, andare anche al casinò in Slovenia una, due volte l’anno niente di speciale, ma la sua rovina fu la scoperta del gratta e vinci e delle macchinette mangiasoldi installate in ogni bar, tabaccheria, sala gioco ecc. A partire dal 1994 i tabaccai cominciarono a distribuire un biglietto che si chiamava la «Fontana della Fortuna» con l’immagine della Fontana di Trevi. Il gioco consisteva in una banalità ossia togliere una patina argentea dal biglietto con una moneta e a seconda delle fontane che trovavi sotto la vernice che avevi tolto vincevi un premio in soldi. Il premio massimo era all’epoca di 100 milioni di lire.

Lui, interessato da sempre al gioco «a schei» e sognando di vincere i 100 milioni di lire per darli alla figlia che si stava per sposare. Acquistò con 2.000 lire un biglietto della «Fontana della Fortuna» e vinse la sua più grossa sfortuna. Vinse un premio di 50.000 lire che il tabaccaio gli pagò immediatamente facendogli anche mille complimenti, gli consegnò un bel bigliettone rosso da 50.000 lire. Quella vincita fu la sua sfortuna! «Nol gavesse mai vinto!» Da quel giorno iniziò a giocare sempre e ritentare la fortuna in modo ossessivo. Un cretino gli diede poi questo bel consiglio: se perdi 1.000 lire giocane subito 2.000 e così riprendi i tuoi soldi.

Talvolta vinse ma erano vincite miserrime ed il ricavato lo reinvestiva tutto in un’altra giocata.

Il gioco lentamente gli rovinò prima i rapporti familiari; la figlia si sposò, ma lui non potè che promettere di aiutarla, non le diede un soldo litigando quindi anche con la moglie perché questo vizio del gioco fu subito noto in famiglia. La dipendenza dal gioco gli rovinò poi i rapporti fuori dalla famiglia perché per giocare si faceva fare piccoli prestiti da amici e conoscenti che non sapevano della sua situazione e della sua mania del gioco e poi non era chiaramente in grado di restituire.

Il passaggio dalla lira all’euro per lui fu un altro disastro. Crebbero gli ammontare dei premi del gratta e vinci, ma crebbe anche il costo della giocata passata da mille lire a uno, due, cinque, dieci e anche venti euro che sono circa venti mila lire. E così a fronte di vincite insignificanti i suoi debiti divennero enormi ed impossibili da pagare.

Mai mamma pur essendo un uomo ben educato, tranquillo, lo disprezzava appunto per il vizio del gioco dicendogli in faccia: «ma no te ghe ancora capìo, bel mona, che i soldi del zogo ancuò te i dago e doman te i togo?» Lui si vergognava ma continuava a giocare.

La pensione fu per lui un nuovo disastro perché aveva più tempo libero da dedicare di fatto al gioco. Si presentava dal tabacchino anche con buio per poter giocare pensando che i biglietti buoni fossero solo quelli del mattino mentre poi nel corso della giornata ci fossero solo i biglietti perdenti.

Un amico, si fa per dire, poiché non aveva restituito un prestito di solo mille euro gli fece fare il pignoramento di un quinto della pensione tramite un avvocato e poi il tribunale e così il debito di mille lire oltre agli interessi e le spese divenne tremila. Ma il Comune vedendo che la tassa delle immondizie non veniva pagata gli fece altrettanto e così prima gli fece la trattenuta sulla pensione e poi doveva anche pagare il debito e così la pensione in buona parte serviva per ripagare i debiti. Una catena da cui non ne veniva fuori mai ed una vergogna enorme perché la moglie pensava che la tassa fosse pagata e che debiti in famiglia non ve ne fossero. Un commerciante gli prestò 1.000 euro ma ne voleva indietro dopo pochi mesi 5.000. Lui evidentemente accettò anche questo contratto da disperati ma poi aveva i soldi da restituire? Allora lo strozzino dapprima gli inviò sotto casa degli strani personaggi che con fare intimidatorio gli strillavano in un orecchio: «Ricordati che i debiti si devono pagare!» altre volte qualcuno lo guardava dall’alto in basso con fare minaccioso e gli gridava: «Attento perché potrebbe capitarti qualche cosa di spiacevole». Un giorno trovò anche una testa di maiale fuori di casa. Ma lui i soldi per pagare non li aveva e tantomeno quelli per difendersi da questi scagnozzi.

Il commerciante allora stanco di mandare avvertimenti gli fece una procedura giudiziaria pignorandogli la casa e minacciandolo di venderla all’asta. Lui gli diede anche degli acconti ma non poteva mai ripagare completamente il debito ed il disonesto commerciante continuava a conteggiare altri interessi e quindi anche pagando degli acconti il debito cresceva.

Era disperato quando un giorno vide una vecchietta che in tabaccheria comprò dieci gratta e vinci tremando. La vecchia si mise poi su un tavolino ed in due secondi con la concitazione di uno che nemmeno respira li grattò sommariamente come capitava e poi li gettò di getto in un ampio cestino che c’era di fianco al bancone. Il tabaccaio vide la scena e le disse: «Gheto vinto?» «Baah! Tuta porcaria» – disse la vecia ed uscì imprecando.

Quella scena così comune ed insignificante, il nostro la vide però in un modo diverso. Gli venne l’intuizione di raccogliere quei biglietti del gratta e vinci gettati così precipitosamente nel bidone e controllarli per bene uno ad uno. E così esaminandoli bene uno ad uno vide che la vecchia non aveva nemmeno ben grattato c’erano dei posti ove la patina non era nemmeno stata tolta. Ed uno di quei biglietti gettati di fretta nel cesto dell’immondizia era un biglietto vincente.

Non poteva credere ai suoi occhi! Come il cercatore d’oro che vede il suo vicino gettare un sasso mentre lui lo raccoglie ed è una pepita d’oro guardò al biglietto vincente!

Presentò il biglietto al tabaccaio con il cuore in gola e tutto tremante perché pensava di aver sbagliato gli disse – Goi vinto?» «Sì! – rispose deciso il tabaccaio – Te ghe vinto do euro! – e poi molto malizioso gli disse sommessamente conoscendo il debole – Vuto i schei o vuto do novi biglietti del gratta e vinci?» Lui rimase un attimo in silenzio che sembrava un’eternità, ritrovò in un attimo tutta la dignità perduta e poi disse deciso: «No! Voio i schei». Allora il tabaccaio prese i due euro e glieli consegnò. Lui uscì tutto contento dalla tabaccheria, tirò un respiro di sollievo e mormorò a filo dei «lavari» «Signore te ringrassio xe ea preima volta che vinso senza zugare!»

Gli arrivò così una seconda intuizione. Rientrò in tabaccheria e disse al tabaccaio: «Ghe despiase se me porto via tutto el bidon dee immondisie?». «No, no me dispiase – rispose il tabaccaio cossì go un problema in manco aea sera, queo di butare e scoasse!».

L’insperato vincitore prese allora un saccone nero e svuotò tutto il bidone pieno colmo di biglietti usati del gratta e vinci e se lo portò a casa. A casa in garage si organizzò un banchetto di lavoro ove ripassava con le istruzioni alla mano i vari gratta e vinci e li esaminava uno ad uno e controllava se per caso vi fosse o meno una vincita dimenticata. Scoprì che spesso succedeva che il biglietto anche con una piccola vincita veniva lo stesso gettato o per ignoranza delle regole del gioco o perché il grande giocatore disprezzava le piccole vincite.

Allora cominciò a girare tutti i tabacchini, i giornalai ed i bar della zona chiedendo verso l’ora della chiusura se poteva raccogliere i gratta e vinci usati e gettati nel cestino e moltissimi lo accontentavano subito e qualcuno persino, alla sera, gli preparava anche un saccone di biglietti già bell’e pronto.

Una volta vinse anche 500 euro scoprendo un biglietto gettato via troppo precipitosamente e fu la persona più felice del mondo come mai era avvenuto prima quando giocava. Lui stesso, girando i tabacchini per raccogliere i gratta e vinci gettati, quando vedeva uno che comprava il biglietto magari da 20 euro per poi gettarlo immediatamente nel bidone sussurrava: «Gratta, mona». Perché i difetti degli altri si vedono subito. Facendo della sua disgrazia una forza era guarito: continuava a giocare senza spendere e senza perdere. Non per questo è riuscito a ripagare i suoi debiti ma non facendone di nuovi aveva capito che anche per lui i debiti vecchi prima o poi o si pagano o si dimenticano!.

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