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Il ”Gattamielata” ovvero Erasmo da Narni

Sì, scritto proprio così: “Gattamielata”, a indicare il capitano di ventura astuto e determinato, dalla mano di ferro con guanto di velluto. E con tale soprannome, forse derivatogli anche dal nome storpiato della madre Melania Gattelli, è universalmente conosciuto, un po’ come succede a Chioggia dove l’appellativo/nomignolo la fa da padrone sul cognome vero.

Nacque intorno al 1370 a Narni (prov. di Terni) da un umile fornaio di nome Paolo, ma allora come mai tanta notorietà?

Data la sua imponente statura e la predisposizione alle armi fin da ragazzo fu facile per lui arruolarsi come mercenario e capitano di ventura nei vari eserciti allora in lotta fra loro al servizio di principi e Papi. E quando l’abilità e l’astuzia del condottiero umbro nell’espugnare castelli e città cominciarono a diventare leggendarie Venezia gli mise gli occhi addosso e decise di assoldarlo a suon di ducati d’oro per le sue guerre contro i Visconti di Milano. Fu l’inizio della fase più sfolgorante della sua carriera con le conquiste di Verona e di Brescia e il consolidamento dei Territori di Terraferma da parte della Serenissima. Morì a Padova il 16 gennaio del 1443 nella casa che aveva comprato in via del Duomo e tra i Padovani è più che un simbolo, è un personaggio familiare che fa parte del vissuto collettivo della storia della città, un po’ come Sant’Antonio.

Alla sua morte il Doge in persona presenziò ai funerali e diede il consenso alla vedova di far erigere il capolavoro donatelliano che oggi ammiriamo. Il monumento, nato come sepolcro/cenotafio, privo cioè dei resti mortali del defunto, si presenta con un alto piedistallo in trachite a forma di sarcofago dove ai lati si trovano le porte della vita (chiusa) e della morte (dischiusa). Sorse in quella che allora era un’area cimiteriale antistante la chiesa del Santo, mentre il corpo venne sepolto nella tomba di famiglia dentro alla basilica, nella attuale cappella del Santissimo.

La statua equestre che troneggia davanti al sagrato è considerata la più bella di ogni tempo, assieme a quella di Marco Aurelio in Roma ed ai cavalli di San Marco a Venezia e costò ben 1650 ducati d’oro dell’epoca, la bellezza di circa 300 mila euro di oggi. Da notare che fu la prima grande fusione in bronzo a cera persa in Italia (e in Europa) dopo mille anni dalla caduta dell’impero romano. Donatello lavorò a Padova per dieci anni (1443-1453) soprattutto per le statue e il crocifisso dell’altare del Santo e la sua casa si trovava e si trova proprio davanti al Santo, dove una lapide lo ricorda.

Curiosità:

– L’intera armatura del Gattamelata è custodita nel Museo dell’Arsenale di Venezia; il bastone del comando che la Repubblica veneta gli consegnò nel 1438 in occasione della sua nomina a capitano generale delle forze venete (che vediamo riprodotto nella statua) è conservato, invece, nel tesoro della basilica del Santo.

– Copie a grandezza naturale del capolavoro di Donatello si trovano a Montevideo (Uruguay), al museo Puškin di Mosca e all’Istituto Statale d’Arte di Firenze.

– Due le rimozioni della statua: la prima nel 1917-19 a palazzo Venezia a Roma, per preservarla dai danni della prima guerra mondiale. La seconda fra pochi mesi, per preservarla dai danni del tempo e del guano dei numerosi colombi che popolano la piazza. Dopo il restauro forse si sceglierà di mettere al suo posto una copia fedele, come per la statua di Marco Aurelio in Campidoglio.

– A quando un gemellaggio ideale con la cittadina umbra di Narni?

Veduta di Narni, autentica perla nascosta dell’Umbria, dalla Rocca Albornoz

L’Albornoz fu cardinale e fondatore dello Stato Pontificio nel ‘300, con la conquista del Lazio, delle Marche, dell’Umbria e delle Romagne. Progettò la “politica delle Rocche”, una sorta di spina dorsale difensiva del nuovo Stato, con l’obiettivo di tenere sotto controllo i territori riconquistati.Sorsero così numerosi castelli come quelli di Narni, Spoleto, Sassoferrato, Forlimpopoli, Viterbo, Assisi, Todi, Urbino, molti dei quali ancora oggi ben conservati.

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